Dare vita ad una rete di soggetti che insieme lavorino per portare all'attenzione della società e dei giovani in particolare il tema delle malattie rare, per dare impulso alla ricerca e creare nuovi strumenti per fare fronte ai bisogni sanitari, psicologici e assistenziali dei pazienti e delle loro famiglie. Questo è l'obbiettivo di Fuori dal Buio, un progetto sociale che coinvolge associazioni di volontariato, scuole, università e aziende farmaceutiche.
Sotto il nome di malattie rare vanno oltre 7 mila patologie, molte delle quali invalidanti o fatali o invalidanti,, che colpiscono singolarmente un numero molto ristretto di persone ma complessivamente circa 2 milioni di pazienti in Italia. Sindromi molto diverse le une dalle altre per gravità, sintomatologia, diffusione, ma che portano nella vita dei pazienti - il più delle volte bambini - e delle loro famiglie, la stessa difficoltà nell’ottenere una diagnosi, nel ricevere terapie efficaci, nel vedere riconosciute adeguate tutele sociali, nonchè la medesima mancanza di terapie risolutive. "I pazienti affetti da una patologia rara sono sempre troppo pochi per essere rappresentativi, per cui rispondere ai loro bisogni di cura e di assistenza e tutelare i loro diritti diventa impossibile se non si agisce in sinergia tra associazioni, enti di ricerca, istituzioni, fino a coinvolgere l'intera comunità" spiega Rosalba Mele, presidente di AMA (Associazione Malati Autoimmuni Orfani e Rari), capofila del progetto. Ecco il perchè di una rete di partner tanto ricca: Oltre ad Ama (Associazione Malati Autoimmuni Orfani e Rari), figurano Aism (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), Aido (Associazione Italiana donatori di organi), Debra Onlus (Associazione per la ricerca e la cura dell'Epidermolisi Bollosa), Associazione Italiana Sindrome X Fragile, Ci.Ami (Associazione malati Iperbilirubinemici), Azienda Medico Ospedaliera Policlinico di Modena, Facoltà di Medicina e Centro per le Malattie Rare dell'Università di Modena, aziende farmaceutiche e scuole superiori di Modena.
La prima azione del progetto Fuori dal Buio si rivolge ai pazienti e alle loro famiglie: "Oltre alla creazione di una rete sociale di sostegno per le famiglie dei pazienti di malattie rare - spiega Rosalba Mele - avvieremo nei prossimi mesi corsi di formazione che metteranno i volontari in condizione di poter condurre gruppi di automutuo aiuto, il tutto per creare spazi di condivisione e sostegno reciproco per i malati e le loro famiglie, che si ritrovano spesso soli di fronte a problemi molto complessi". L'importanza di simili spazi è risaputa, e confermata dagli stessi partner di progetto. Maria Cristina Fini, dell'associazione Ci.Ami onlus che raccoglie le famiglie di quei pochi bambini italiani affetti dalla grave sindrome di Crigler Najjar afferma: "Al momento della diagnosi e anche lungo tutto il decorso della malattia è di fondamentale importanza condividere problemi e conoscere le strade intraprese da chi si trova in condizioni simili, e credo che lo sia ugualmente per tutti i malati rari". Concordano dall'Aism "Anche se oggi per la Sclerosi multipla si parla già di diagnosi precoce e non più di malattia rara - dice Barbara dell'associazione - i nostri associati condividono con tutti gli altri 'rari' lo smarrimento di fronte alle conseguenze di una patologia molto complessa. In questi anni abbiamo notato quanto siano importanti gli spazi di condivisione, ma accanto ai gruppi condotti da uno specialista, adesso vogliamo tentare la via dell'autoconduzione confrontandoci anche con altre esperienze".
Altro puntochiave del progetto è l'insieme delle azioni che si rivolgono ai giovani che frequentano le scuole superiori. "Proponiamo ai ragazzi uno stage nel quale potranno conoscere da vicino non solo tutta la tematica delle malattie rare e i suoi risvolti da un punto di vista psicologico e sociale, ma potranno toccare con mano la realtà delle associazioni nella speranza che scelgano di impegnarsi loro stessi da volontari, con una consapevolezza in più sul mondo". Si tratta di una prospettiva comune nella quale si ritrovano unite le associazioni nei loro diversi ambiti. "Sentivamo di dover aderire al progetto - spiega Fabio Zagni, presidente di Aido - perchè per molti malati rari il trapianto è la sola speranza, e attivarci per diffondere una volta di più tra i giovani la consapevolezza di quanto sia importante donare gli organi e sostenere la pratica del trapianto, è tra i nostri primari obbiettivi accanto - più in generale - alla promozione della cultura del dono e della solidarietà".
E se troppo di frequente malattia rara significa anche mancanza di una terapia risolutiva, non poteva mancare anche in "Fuori dal Buio" un capitolo volto a dare impulso alla ricerca scientifica verso la quale tutti i malati rari guardano con speranza. "Il volontariato che vuole agire in favore dei malati rari - ribadisce Rosalba Mele - non può limitarsi al solo ambito socio assistenziale, ma deve sostenere anche la ricerca scientifica, tanto più che ci troviamo ad agire in un territorio, Modena, che vede operare centri universitari all'avanguardia e ospita una filiale di Genzyme, multinazionale farmaceutica attiva in questo ambito".
Sarà proprio Genzyme, azienda multinazionale biotech impegnata nella produzione di farmaci volti alla cura di alcune patologie rare a ospitare alcuni studenti tra i più meritevoli, in stage aziendali. "Non pretendiamo che in poche settimane di stage i ragazzi comprendano tutto il complesso tema delle malattie rare e dei farmaci orfani - precisa Nicoletta Bertelli di Genzyme - ma ci auguriamo che l'esperienza in azienda possa destare la loro curiosità e interesse, contribuendo magari ad orientare il loro percorso di studi verso le biotecnologie farmaceutiche, verso lo sviluppo di terapie innovative ed efficaci per molte malattie"”. E rispetto all'importanza di una rete per le malattie rare che colleghi mondo del volontariato e aziende farmaceutiche produttrici, la dott.ssa Bertelli aggiunge: "Sentiamo una grande responsabilità rnei confronti de i malati rari, specialmente verso coloro che soffrono di malattie per le quali purtroppo ancora non esiste una cura. Per questo cerchiamo sempre di essere presenti e sostenere i progetti che, come questo, incoraggiano la ricerca innovativa con l’obiettivo di fornire risposte terapeutiche adeguate a bisogni clinici non ancora soddisfatti".